Rafforziamo i confini, ma non quelli del diritto penale

In queste ultime settimane sulle principali testate giornalistiche possiamo leggere espressioni come “reato universale; reato punito anche se commesso all’estero; etc”. 
Non ci suona strano immaginare un allargamento dei confini dell’operatività del nostro ordinamento mentre al governo ci troviamo quelle forze politiche che hanno fatto della chiusura dei confini, e della difesa del territorio nazionale, il loro tratto distintivo? 
A cosa è dovuto questo cambiamento di rotta? 
Possiamo tranquillamente affermare che nulla di buono, o di filantropico, si nasconde dietro queste espressioni. Al contrario, nuovamente, il governo utilizza i confini e la difesa dello “stato – nazione” per attaccare e criminalizzare chi non si uniforma, chi cerca di creare nuove forme di società e famiglie, non solo basate sul legame di sangue e/o su relazioni eterosessuali. 

Partiamo con ordine. 
E’ approdata in Senato, proprio a giugno il cosiddetto “pride month” (non è ironico?!), la discussione del disegno di legge Varchi – dal nome della prima firmataria dello stesso – che prevede l’estensione della punibilità per il cittadino italiano che all’estero ricorre alla gravidanza per altri. Il 4 luglio approderà alla Camera per la discussione. 
Al di là dell’analisi del testo del disegno di legge, preme soffermarsi su uno dei principi fondanti l’ordinamento penale italiano, e che pare venga totalmente dimenticato da chi si batte per l’approvazione di questa legge, ossia il principio di territorialità.
Questo principio è uno dei principi giuridici che delimitano la sfera di applicazione territoriale della normativa penalistica, ed è codificato all’art. 6 del codice penale “Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana.”
Il principio di territorialità, dunque, si estrinseca con la possibilità di punire una determinata condotta criminosa purché la stessa si verifichi nel territorio dello stato italiano. Non rileva se il soggetto attivo del reato sia un cittadino italiano, uno straniero oppure un apolide. Per qualificare una determinata condotta come “commessa all’interno del territorio della Repubblica Italiana”, si ha riguardo a quanta condotta sia stata posta in essere nel territorio, e se è stata commessa solo in parte, questa deve rappresentare un momento essenziale del progetto criminoso. 
Sono previste delle deroghe all’applicazione del principio di territorialità negli articoli 7-10 del codice penale. Una particolare importanza assume l’articolo  8, perché stabilisce l’applicabilità della legge penale – previa richiesta del Ministro della Giustizia -, per i delitti politici e quelli comuni commessi per motivi politici. Tali delitti, per cui la punibilità prescinde i confini territoriali nazionali, sono condotte che minano la stabilità dello Stato e pertanto chiedono un livello di difesa da parte dello stesso molto alto (delitti contro la personalità dello Stato; delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto; delitti di falsità in monete aventi corso legale nello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano; delitti commessi dai p.u. a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti le loro funzioni; ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana). 
La condotta che, con il disegno di legge Varchi, si tenta di criminalizzare anche oltre i confini nazionali – posto che in Italia è già una condotta considerata come reato e pertanto non è possibile realizzarla – non va a colpire nessun interesse dello Stato, se non la volontà di due persone di avere dei figli e costruire una famiglia. 
Al momento è impossibile prevedere le conseguenze pratiche dell’approvazione ed applicazione di questa legge. Quello che, però, sappiamo per certo è che l’approvazione di questa legge porterà ad una nuova ondata di discriminazione e criminalizzazione di tutte quelle famiglie che fuori escono dalla norma e cercano di costruire alternative ai legami familiari tradizionali. 
Quelli che più ne pagheranno le conseguenze saranno i bambini, che si vedranno negato il legame con un genitore, solo perché quel legame non ha origini biologiche o genetiche, ma affettive. 
Si chiudono i confini per accogliere le persone che scappano da povertà, guerra e miseria, ma si aprono per punire chi cerca di costruire legami familiari e amore. Ne varrà la pena?
Ai posteri – in ogni modo generati – l’ardua sentenza.

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