L’ADOZIONE PSICOLOGICA: aspetti intrapsichici del prendersi cura del bambino reale

Le leggi più recenti di modifica della disciplina dell’adozione (la n. 476/ 1998 per l’adozione internazionale e la n.149/2001 per l’adozione nazionale) hanno aperto un nuovo dibattito e introdotto nuove prassi relative all’accompagnamento delle coppie che si avvicinano all’adozione. Il cambiamento mira in particolare ad orientare la mancante o l’insufficiente informazione per offrire alle coppie un percorso di chiarificazione e di maturazione personale in modo che possano cogliere le positività, ma anche le criticità, insite nell’adozione per poter giungere così ad una scelta ponderata e consapevole. Si tratta di modificare l’iter adottivo attraverso il passaggio da una logica di valutazione ad una logica di formazione: il cammino proposto alle coppie diventa così, sin dall’inizio, un intervento psico-sociale, che dovrebbe essere orientato non solo a sostenerle nei momenti critici, ma anche a supportarle nei momenti di transizione rispetto all’intero arco di vita. In quest’ottica l’adozione assume una valenza evolutiva, un processo che si trasforma nel tempo.

È importante accompagnare e sostenere la famiglia adottiva non solo nel periodo immediatamente successivo all’arrivo del bambino, ma per un tempo sufficiente a favorire la costruzione di buoni legami di attaccamento e di appartenenza che siano fonte di benessere per i suoi membri ed abbiano un effetto riparativo, oltre che a stimolare un positivo inserimento nel nuovo contesto di vita. Nel momento in cui si propone di svolgere un’azione di accompagnamento, sostegno e prevenzione, è importante definire con chiarezza quali obiettivi porsi e quali azioni attivare: sostenere, dunque, i genitori nella costruzione di una buona identità adottiva e nello svolgimento del loro ruolo, fornire loro un aiuto nel gestire specifiche problematiche psicologiche, comportamentali, di apprendimento, post-traumatiche dell’adottando, favorendo, attraverso l’aiuto nell’affrontare le specifiche sfide che l’adozione pone, la costruzione di un legame di attaccamento sicuro tra genitori e bambino.

Accogliere un minore significa porsi una responsabilità formativa e accettare di essere al contempo formati. Il passato ed il vissuto dell’accolto deve essere condiviso e il passato e il vissuto della famiglia deve entrare a far parte del bagaglio dell’accolto. Un passaggio delicato, questo, costellato da molti meccanismi specifici insiti nella genitorialità e nella filiazione non biologica, propri del processo adottivo. 

Lo sviluppo di un legame affettivo richiede molto tempo per la rielaborazione degli eventi passati, e capacità specifiche da parte dei genitori adottivi. Tra le risorse e le criticità che caratterizzano l’esperienza dell’adozione vi è la sfida principale della creazione di legami primari che non si basano sui legami forti, tipici del rapporto di consanguineità, sia da parte dei genitori, che in alcuni casi considerano la loro esperienza addirittura come reversibile, sia da parte dei figli, che vivono il dilemma delle origini tra genitore biologico e genitore adottivo. 

L’adozione non prevede quindi solo il passaggio dalla generatività biologica alla generatività sociale, ma anche il confronto con la disponibilità individuale e di coppia a misurarsi con la maternità e paternità scelta verso un bambino diverso da quello desiderato.

La genitorialità adottiva richiede capacità ulteriori rispetto alla genitorialità biologica. Essere genitori è una delle condizioni che maggiormente coinvolge l’essere umano attraverso le componenti emotive, cognitive, psicologiche, affettive, relazionali e comportamentali. In particolare, essere genitore adottivo presuppone la disponibilità a mettersi in gioco in modo profondo per poter essere in grado di costruire una relazione di affetto con un figlio nato da altri, alimentando dunque la capacità di accogliere questo bambino con il suo vissuto, la sua storia, le sue caratteristiche e la sua esperienza, nelle quali spesso è difficile riconoscersi ed identificarsi.

Di fondamentale importanza è infatti la capacità di superamento della legge di sangue e del prosieguo genetico della famiglia e l’elaborazione del lutto dato dall’impossibilità di avere un figlio biologico, rinunciando all’idea del figlio idealizzato. La qualità della relazione di coppia costituisce un fattore fondamentale per il buon esito adottivo: una coppia solida, abituata al dialogo ed al confronto, capace di sostenersi e di lavorare insieme sarà in grado di fornire la giusta stabilità emotiva e affettiva ad un bambino che ha bisogno di costanza e sicurezza delle emozioni e degli avvenimenti. 

Nei primi momenti dell’iter adottivo, spesso le coppie immaginano un bambino ideale, consapevole dei propri bisogni affettivi e relazionali, capace di saper gestire il proprio vissuto. Il bambino reale invece, arriva in famiglia con un vissuto di perdita che ha creato delle ferite a livello emotivo, affettivo e relazionale.

I bambini adottati, infatti, possono andare incontro ad una serie di difficoltà (disturbi specifici dell’attaccamento, disturbi comportamentali, problemi per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale) causate da fattori pre- e perinatali -quali l’abuso di alcol o droghe durante la gravidanza, problematiche legate al parto, e da fattori ambientali, quali un contesto familiare psicopatologico e non sicuro (abuso fisico e abuso psicologico, esposizione alla violenza, maltrattamenti e trascuratezza).

È dunque necessario che i genitori sappiano integrare le componenti emotive legate alla delusione ed alla mancata realizzazione delle fantasie e dei desideri che sono perlopiù legate alla fantasia che il genitore fa su di sé come educatore capace di risolvere le difficoltà del bambino, e all’immaginario che si è formato rispetto alla personalità del bambino.

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